12 Ott Vigneti, oliveti e leguminose, in Veneto crescono gli ettari bio
In Veneto la vendemmia è sempre più bio. Sono in crescita, infatti, le superfici di vigneti coltivati con metodi a ridotto utilizzo di chimica: secondo un’elaborazione di Veneto Agricoltura su dati Sinab (Sistema nazionale agricoltura biologica) e dell’agenzia regionale Avepa, i vigneti biologici in regione sono passati da 8.712 ettari del 2020 a 9.607 ettari del 2021 (+10,27%).
Avanzano anche oliveti e colture proteiche
Ma in Veneto non sono solo i vigneti a crescere sul fronte biologico. Veneto Agricoltura segnala infatti anche la forte avanzata degli ulivi, che segnano un +15% dal 2020 al 2021 e delle colture proteiche, come leguminose e da granella, che marcano un buon +25%. La frutta a guscio fa segnare un +3,4, i cereali +3%. Anche il latte segue il trend: 77 gli allevamenti bio, con primato a Vicenza (29), seguita da Belluno (27) e Verona (15). Un fronte, quello biologico, in continua crescita in estensione dei terreni e in produttività, sia sulla spinta degli obiettivi fissati dall’Unione europea sulla sostenibilità, sia per i favori dei consumatori nei confronti di tutto ciò che è coltivato con metodi più naturali.
Negli ultimi dieci anni il biologico in Veneto ha registrato una crescita importante, passando da poco più di 1.500 operatori del 2009 a più di 3.500 del 2019, con un incremento del 126,9% rispetto alla media nazionale del 63% (dati sistema d’informazione bio Sinab). Sono quasi 50.000 gli ettari coltivati con il metodo biologico (dati 2021), con il traino della viticoltura e il mondo delle erbe officinali in forte crescita, con un 30% in più di vendite per quanto riguarda tisane e affini.
Si può crescere ancora
«I dati evidenziano una situazione in continua evoluzione, ma anche uno spazio di ulteriore crescita in Veneto sia in termini di operatori che di superfici – ha sottolineato Laura Barduca, del settore biologico di Confagricoltura Veneto e presidente provinciale di Padova –. L’agricoltura biologica, con il suo regolamento e i recepimenti nazionali, rappresenta una risposta oggettiva al contrasto dei cambiamenti climatici. Il contesto socioeconomico attuale, unitamente alla complessità burocratica e normativa che interessa il settore, non incentiva però l’entrata di nuovi operatori all’interno del comparto».
«Serve, da parte del legislatore nazionale, una pronta risposta al recepimento del regolamento Ue 848/18, una chiara e univoca interpretazione sul tema delle rotazioni e una semplificazione normativa in merito all’acquisto delle sementi in lista rossa – ha aggiunto Barduca–. Aspettiamo i decreti attuativi della legge sul bio e di poter utilizzare il nostro marchio nazionale biologico. Anche se in questi mesi di grande difficoltà per l’agricoltura, tra pandemia e conflitto russo ucraino, produrre in quantità sembra aver preso il posto del produrre di qualità».
Mercato in chiaroscuro
«Sempre più rilevante è il valore del mercato generato – commenta il vicepresidente del gruppo di lavoro sull’agricoltura biologica del Copa-Cogeca Emilio Fidora –. Dobbiamo però registrare una flessione dei consumi domestici dello 0,8%, a conferma del peso della riduzione del potere di acquisto in seguito a tutte le difficoltà degli ultimi anni. Quest’anno, tuttavia, le vendite di prodotti alimentari bio italiani si sono attestate sui 5 miliardi di euro mentre l’export, con il suo marchio made in Italy, cresce del 16% rispetto al 2021, per complessivi 3,4 miliardi di euro di vendite sui mercati esteri».